Il Venezuela alla vigilia delle elezioni presidenziali

Domani, 28 luglio, si terranno le elezioni presidenziali in Venezuela. L’esito di questo evento, che assegnerà un mandato di sei anni, è atteso con grande interesse: gli occhi del mondo sono puntati sull’America meridionale e, anche oltreoceano, ci si chiede quale sarà l’impatto di questa consultazione sulla regione e sulla politica mondiale, in un momento cruciale per le relazioni internazionali. Indipendentemente dal risultato, il futuro Presidente dovrà guidare un Paese la cui popolazione è caratterizzata da forti divisioni politiche interne. Alla vigilia delle elezioni, il Venezuela versa in una condizione di tensione e, come riflesso, persino i vari sondaggi presentano scenari tra loro discordanti: i quotidiani hanno parlato di “guerra de encuestas”, riferendosi proprio ai sondaggi che, nel corso delle precedenti settimane, hanno costituito terreno di scontro. Al contrario, non si rilevano incongruenze sul dato dell’affluenza: la partecipazione al voto sarà elevata, superando i 60 punti percentuali.

Permane il timore che domani possa verificarsi un’escalation di violenza, fatto che non sorprenderebbe dato che già nel 2018, proprio a seguito delle elezioni, vi furono disordini rilevanti. La campagna elettorale del 2024, che ha visto la partecipazione di dieci candidati, si è svolta all’insegna di quella che si potrebbe definire strategia del fuoco incrociato tra i due candidati favoriti, i quali si sono scambiati reciproche accuse: il Presidente del Venezuela nonché attuale candidato – per aggiudicarsi il terzo mandato – del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV), Nicolás Maduro, contrasta la narrativa dei possibili brogli elettorali portata avanti dal candidato Edmundo González Urrutia, della coalizione liberal-democratica e anti-chavista, denominata Piattaforma Unitaria; tale campagna, volta a screditare l’avversario, sarebbe diretta a creare le premesse per la contestazione del risultato elettorale. La formazione politica Grande Polo Patriottico Simón Bolívar, guidata dal PSUV, denuncia le mire golpiste e le intenzioni di destabilizzazione provenienti dalla Piattaforma Unitaria. A sua volta, la Piattaforma Unitaria ha segnalato l’utilizzo della disinformazione, della repressione e degli arresti arbitrari durante la campagna del partito dell’attuale Presidente. Quelli appena citati sono solo alcuni degli elementi di conflitto verificatisi nel corso della campagna elettorale appena conclusasi.

Nel corso dei primi mesi del 2024, per la leader dell’opposizione, María Corina Machado, è stata disposta dalla Corte Suprema un’interdizione della durata di 15 anni dalle cariche pubbliche, con l’accusa di corruzione e di aver posto in essere azioni “che hanno interferito con la pace e la sovranità del Paese” [fonte: Ansa], in particolare di aver appoggiato le sanzioni promosse dagli Stati Uniti contro il Venezuela, le quali sono state fonte di enormi danni per l’intero Paese; l’ineleggibilità è stata confermata dal Consejo Nacional Electoral (CNE). In questa condizione di inabilitazione di Machado, ad alcuni è parso che la candidatura di González Urrutia, ex diplomatico venezuelano, sia stata un ripiego; è anche certo che, constatata la linea antiamericana portata avanti da Maduro, la Casa Bianca vedrebbe ridursi la distanza dal Palazzo di Miraflores nel caso in cui la vittoria fosse consegnata a González Urrutia.

Nicolás Maduro, Presidente dal 2013, ha concluso ieri la sua campagna elettorale nelle strade del centro della città di Caracas, in Avenida Bolívar. Lo stesso ha fatto l’opposizione nel quartiere di Las Mercedes. Il voto di questa domenica – è da notare che le elezioni si terranno nel giorno dell’anniversario della nascita di Hugo Chávez, socialista e mentore politico di Maduro, deceduto nel 2013 – dovrebbe rendere concreti gli accordi stabiliti durante i colloqui a Barbados nell’ottobre del 2023, finalizzati a garantire lo svolgimento di libere elezioni nel corso della seconda metà del 2024. Alle elezioni di domani saranno presenti alcuni osservatori internazionali, come le Nazioni Unite, delegati del Centro Carter, della Cina e dell’Unione Africana; restano fuori le missioni elettorali di Brasile e Colombia, che sono state recentemente ritirate, nonché gli osservatori dell’Unione Europea, ai quali a fine maggio è stata recapitata la revoca dell’invito, dopo che il CNE aveva condizionato la partecipazione al controllo elettorale alla revoca delle sanzioni applicate dall’UE al Venezuela.

Il Venezuela adotta un sistema di voto elettronico che, insieme a quello brasiliano, ha costituito il modello al quale si sono ispirati altri Stati dell’America Latina per i propri ordinamenti. In questa sede non si approfondisce il ruolo di questo sistema di voto nel processo politico, l’aspetto è ampiamente analizzato in campo accademico, con particolare riferimento al livello di sicurezza, all’inclusività nella partecipazione, all’uso di software e ad altri aspetti legati al controllo del risultato elettorale definitivo; resta comunque da sottolineare che persino Jimmy Carter nel 2012 elogiò apertamente il sistema elettorale venezuelano.

In una congiuntura politica che appare tutt’altro che serena, alcuni dei temi cruciali che influenzeranno il voto di domani sono la crescita economica, l’immigrazione – e il suo legame con quello che sarà il risultato elettorale negli USA -, le questioni legate alla presenza di bande criminali, gli investimenti in settori chiave come scuola, sanità ed edilizia popolare.

Giorgia Bozzetto

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