Lettera dei gruppi di società civile di Egitto, Tunisia, Marocco, Giordania e altri paesi arabi
L’ “Accordo di Libero Scambio Approfondito” proposto dall’Ue e’ una reazione contraria ai processi di transizione democratica nella regione araba.
Noi, organizzazioni di società civile impegnate per i diritti umani e lo sviluppo nella regione araba, vi scriviamo a proposito della strategia dell’Unione Europea per il commercio e gli investimenti per il Mediterraneo del Sud.
Abbiamo ricevuto con preoccupazione l’informazione relativa all’approvazione del mandato della Commissione Europea per iniziare negoziati mirati a stabilire “accordi di libero scambio approfonditi e globali” che si estenderebbero fino a includere la protezione degli investimenti, gli appalti pubblici, la politica di concorrenza.
Mentre queste decisioni vengono prese dall’Unione Europea, i popoli di molti paesi arabi, inclusi l’Egitto, la Tunisia, il Marocco e la Giordania sono scesi in campo per dimostrare il loro rifiuto dei modelli politici, economici e sociali di governo nei loro paesi, con rivoluzioni e mobilitazioni che sono iniziate all’inizio del 2010 e ancora proseguono.
Per i popoli dei paesi arabi e per i gruppi di società civile attivi nella regione araba, le rivoluzioni continueranno fino a quando nuovi modelli sociali ed economici metteranno in priorità il diritto dei popoli allo sviluppo e alla giustizia.
In questo contesto, i gruppi di società civile della regione araba hanno già altre volte sottolineato, mentre la situazione economica in paesi come l’Egitto e la Tunisia peggiora, che una transizione economica e di sviluppo di lungo termine necessita di una visione per ricostruire un modello sociale ed economico, non di ricostruire un modello disegnato dai vecchi regimi, che chiaramente non serviva ai diritti allo sviluppo e ai bisogni dei persone, e per effetto del quale la povertà, la disoccupazione e l’ingiustizia sono proseguiti e si sono approfonditi in tante aree.
Il sostegno alla crescita economica dovrebbe essere fondato sul sostegno alla scelta dei popoli di rivedere il modello economico, e dovrebbe avere come priorità la capacita’ produttiva, l’occupazione e i salari. A questo scopo, le politiche commerciali e di investimento create dai vecchi regimi devono essere riviste per essere messe al servizio di una visione di sviluppo, e non della concentrazione di potere nelle mani di pochi.
Tuttavia, la Ue continua a spingere per una agenda del commercio e degli investimenti che ha dimostrato di non essere utile ai bisogni di sviluppo dei paesi partner e che potrebbe distruggere le transizioni democratiche se confermata o approfondita. Ciò include l’agenda negoziale per la liberalizzazione del commercio dei servizi che e’ già cominciata, così come l’inizio dei negoziati nell’area degli investimenti, dello appalti pubblici e della politica di competizione.
E’ importante notare che la proposta per un accordo di libero commercio approfondito e globale con i paesi del Mediterraneo del sud non e’ nuovo, e non e’ dunque pensato per rispondere ai bisogni economici e sociali di questi paesi in questa specifica fase. E infatti questa proposta fu avanzata dalla Commissione Europea in un documento intitolato “ENP – Una serie di accordi di pieno libero scambio come percorso verso la Comunità economica di vicinato (NEC)” nell’anno 2007. Anche allora, i gruppi della società civile avevano criticato questa proposta perché non era fondata sui diritti, per considerazioni relative allo sviluppo, per l’impatto negativo potenziale sullo spazio politico, la non aderenza ai contesti politici ed economici e alle priorità dei paesi arabi, per la mancanza di meccanismi di partnership. Dunque, queste non sono nuove proposte, ma una mera ripresentazione di vecchie proposte che hanno già avuto una significativa opposizione. In più, la proposta di includere i negoziati sugli investimenti, gli appalti pubblici e la politica di competizione nei processi multilaterali di negoziati all’Organizzazione Mondiale per il Commercio da molti anni ha una importante opposizione dei paesi in via di sviluppo, sia governi che società civile.
In questo contesto, le nostre organizzazioni fanno appello ai Parlamentari Europei affinché considerino le seguenti preoccupazioni:
Negoziati per qualunque nuovo accordo su commercio e investimenti non devono essere intrapresi prima dell’entrata in vigore delle nuove Costituzioni che nei paesi arabi testimoniano la transizione, e prima che siano definiti i modelli di sviluppo per questi paesi, con priorità ai diritti economici e sociali dei popoli. E’ essenziale per i processi democratici e di sviluppo nel Mediterraneo del sud ristabilire politiche di commercio e di investimenti in linea con i livelli di sviluppo raggiunti dai partner dei paesi arabi, e dunque essi dovrebbero essere pensati e gestiti per servire i rivisti paradigmi di sviluppo voluti dai popoli della regione araba.
Qualsiasi passo che ignori questo approccio deve essere considerato come una reazione contraria alle transizioni democratiche e avrebbe un impatto negativo nello spazio politico che i cittadini di questi paesi hanno ristabilito attraverso le loro rivoluzioni e continue mobilitazioni.
E’ urgente fermare l’approccio “business as usual” del commercio e degli investimenti, di ridefinire queste politiche e gli strumenti per sostenere uno sviluppo e una politica economica alimentati a livello nazionale. Ciò necessita una piena valutazione -basata sui diritti umani e sullo sviluppo – dei risultati degli accordi esistenti e di qualsiasi accordo futuro. Come segnalato dallo Special Rapporteur delle Nazioni Unite sul diritto al cibo “la valutazione di impatto sui diritti umani può aiutare i governi a determinare se nuovi o esistenti accordi su commercio e investimenti mineranno i loro obblighi per i diritti umani. Assicurare coerenza tra gli impegni per i diritti umani e gli accordi su commercio e investimenti e’ essenziale allo stadio della negoziazione di questi accordi. Altrimenti, a causa dei meccanismi rafforzati di imposizione nei regimi del commercio e degli investimenti, gli impegni vincolanti sui diritti umani rischiano di essere messi da parte quando nasce fra di essi un conflitto”.
Mentre la Ue sta iniziando la fase di definizione di quadro con l’obiettivo di monitorare la prontezza dei paesi a iniziare i negoziati su “accordi di libero scambio approfonditi e globali” e mentre il parlamento ha chiesto alla Commissione di includere i criteri di eleggibilità “More and More” come parte del processo di preparazione ai negoziati, e’ imperativo sottolineare l’importanza di includere una piena valutazione delle implicazioni sui diritti umani e sullo sviluppo prima che qualsiasi negoziato vada avanti.
Questo si applica anche al Marocco e alla Giordania, dove nuovi negoziati non dovrebbero iniziare senza serie valutazioni dell’impatto su diritti umani e sviluppo degli accordi esistenti, con un processo partecipativo che coinvolga seriamente gli attori sociali e i diversi settori della società civile.
Mentre i paesi arabi stanno cercando di riscrivere le loro costituzioni e i loro piani di sviluppo, stanno anche affrontando le loro capacita’ regolatorie per servire gli interessi pubblici e per riparare le violazioni ai diritti economici e sociali dei cittadini prodotte dai precedenti regimi così come lo sfruttamento delle risorse nazionali e i sistemi economici.
Fino a quando la Commissione Europea non avanzerà nel processo richiesto dal Parlamento Europeo (incluso un modello di accordi sugli investimenti che rispetti la possibilità di interventi pubblici; che chiarifichi la definizione di investitore per evitare qualsiasi impatto negativo sull’interesse pubblico e sul diritto sovrano di regolazione, evitare la protezione di forme speculative di investimento e forme di investimento che realizzino pratiche abusive; che rendano più trasparente e più inclusivo il regime di soluzione delle dispute, includendo l’obbligo a rimediare ai danni in loco) iniziare negoziati su accordi di investimento nei paesi arabi avrà gravi negative implicazioni sugli spazi politici di questi paesi.
In piu’, la protezione degli spazi di politica per lo sviluppo dei paesi coinvolti in questi accordi non può’ essere raggiunto e garantito attraverso la sola inclusione negli accordi del capitolo sullo sviluppo sostenibile o di clausole riferite ai diritti imani e alle responsabilità sociali ed ambientali. E’ essenziale assicurare l’integrazione delle considerazioni relative ai diritti umani e allo sviluppo nei processi decisionali attraverso la formulazione, il disegno e la realizzazione delle politiche, inclusa la verifica e l’adattamento dei processi relativi agli accordi sul commercio e gli investimenti.
E’ importante notare che i quattro paesi coinvolti nel nuovo mandato della Commissione Europea sono parte di un più largo progetto commerciale chiamato la Area di Commercio Libero Pan Araba, che riguarda il libero commercio di merci e stanno attualmente negoziando un accordo regionale sul commercio dei servizi. Inoltre, essi sono anche coinvolti nel processo Sud-Sud Agadir. Alla luce di questo contesto, e’ importante che qualsiasi ulteriore negoziato bilaterale fra questi paesi e l’UE non ostacoli il processo degli accordi locali, non contraddica o indebolisca il processo di realizzazione di accordi regionali sul commercio dei servizi.
Soprattutto, le sottoscritte organizzazioni considerano che il modello di accordi di investimenti proposto dalla UE, finalizzato al solo scopo di fornire la massima protezione incondizionata agli investitori europei e agli investimenti all’estero, porta significative minacce ai processi democratici, alle politiche pubbliche e all’interesse pubblico, e non e’ uno strumento politico a sostegno di uno sviluppo sostenibile, produttivo e generatore di impiego. Invitiamo la Unione Europea a attivare una ampia consultazione con i paesi partner, inclusi tutti gli attori sociali rilevanti, a priori e prima di qualsiasi passo, per una valutazione delle reali necessita’ e dei potenziali risultati.
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