Oggi a Napoli si è tenuto il corteo organizzato da “Non una di Meno “ in occasione dell’8 marzo. Radio Vostok era presente all’evento e ha raccolto uno stupendo intervento di una studentessa del collettivo dell’ Aula Occupata Lettere Precarie della Federico secondo, Virginia Papaleo. Un vero manifesto di lotta all’oppressione di genere quello che i ragazzi di “Lettere Precarie “ hanno elaborato e urlato in piazza. Noi ve lo riportiamo in esclusiva.
Di fronte a tutta la violenza che subiamo e a cui assistiamo ogni giorno, c’è solo un modo per non sentirsi impotenti, per non cadere nella paura, ed è la lotta. Lottare tutte insieme contro questo sistema, immaginare un’altra società. Trasformare la paura in rabbia e portarla nelle piazze, nelle strade, nelle scuole, nelle università. Per questo oggi scioperiamo. Perché siamo arrabbiate e non ne possiamo più.
Vogliono farci credere che il problema sia il degrado, l’uomo che viene da lontano, la minigonna, e che quindi abbiamo bisogno di decoro, sicurezza. Ma noi sappiamo bene qual è il vero problema. Il problema è la violenza patriarcale in tutte le sue forme. Il problema è che ogni luogo della formazione, dalla famiglia alla scuola all’università, è un’istituzione che educa alla violenza patriarcale. Che rafforza i ruoli di genere, invece di decostruirli.
Il problema è che da quando siamo piccole, e piccoli, ci insegnano che le femmine possono essere deboli, anzi lo sono, e devono dire sempre sì, essere sempre gentili, prendersi cura della casa e della famiglia, e che devono stare attente a non provocare troppo. Ai maschi invece insegnano che son sempre forti, sempre al posto giusto, che ci sarà sempre qualche mamma, moglie o sorella a prendersi cura di loro, che il loro desiderio viene prima di tutto, prima anche del consenso.
Il problema sono i professori che ti invitano a cena e sfruttano la loro posizione di potere. Il problema lo vediamo nel gap che c’è tra il numero di donne che insegnano alle elementari, altissimo (perché naturalmente sono più portate per il lavoro di cura) e il numero di donne che insegnano all’università. Eppure le laureate femmine sono di più dei maschi. Finché i luoghi della formazione non cambieranno, non potremo liberare questa società. Ma a noi in realtà non interessa poter accedere ai vostri stessi posti di potere. O almeno non ci basta. Non ci interessa essere invitate al banchetto, noi vogliamo rovesciare il tavolo. Non ci interessa la concessione a poter partecipare di più a questo mondo così com’è. Questo mondo, così com’è, ve lo potete tenere. Noi vogliamo trasformarlo. Se questo mondo è patriarcale, capitalista, razzista, violento che porta all’individualismo, alla precarietà, noi risponderemo con la relazione, la complicità, la sorellanza, l’autodifesa, perché o ci salviamo tutte (e tutti/u), o non si salva nessuno.
Il transfemminismo deve passare per i luoghi della formazione.
Se la scuola e l’università sono i nostri spazi di crescita, devono offrire gli strumenti per prendere consapevolezza della violenza che subiamo ogni giorno da quando nasciamo. Vogliamo un’educazione alle differenze, all’affettività, alla sessualità, al consenso, perché siamo stufe che l’amore e il possesso vadano di pari passo .Vogliamo che l’approccio di genere alla storia, alla filosofia, alla letteratura sia la prassi, perché non ne possiamo più che ogni cosa che studiamo rafforzi e giustifichi il patriarcato e la sua violenza. Hanno sempre parlato per noi, siamo sempre state narrate da altri, ci hanno chiamate inferiori, passive, isteriche, streghe, puttane, ma ora basta!
Prendiamo parola e distruggiamo il monologo patriarcale.
Ripartiamo dai nostri bisogni, dalle nostre esistenze, liberiamoci e liberiamo questo mondo.
Non una donna di meno, non una morta di più.
Antonio Casciano
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