La recitazione: Arte o capacità di fingere?

Quando pensiamo alla recitazione intesa come arte, il nostro pensiero non può non collegarsi agli spettacoli del mondo antico, specialmente in Grecia dove le rassegne erano all’ordine del giorno, utili non solo come un piacevole passatempo ma proprio come mezzi di cultura, religione ed informazione; Basti pensare alle innumerevoli rappresentazioni riguardanti i poemi epici o la messa in scena dei miti.

L’attore era visto come una figura importante e con lui tutto il collettivo che formava lo spettacolo, come i coristi o le maschere, non vi era la visione della finzione, bensì dell’interpretazione a tuttotondo che si distingue totalmente dall’imitare un qualcosa.

Qui però la domanda sorge spontanea: L’attore bravo è quello che finge meglio? siamo tutti attori quando mentiamo? la recitazione è effettivamente un’arte?.

Per rispondere a queste domande bisogna in primis far presente che così come il canto, la danza, ma in generale tutto ciò che costituisce un’identità, la recitazione varia a seconda di dove ci si trovi e della filosofia di pensiero che c’è su quest’ultima, un esempio chiaro può essere la commedia Napoletana del grande De filippo, che prende la classica situazione della famiglia Napoletana dei suoi tempi e la porta a teatro ricevendo grandi approvazioni non solo per lo straordinario lavoro svolto, ma anche poiché tutti o comunque la maggior parte potevano essere e si sentivano coinvolti e rispecchiati in quelle situazioni; Discorso differente si può fare ad esempio nel regno unito, dove principalmente le rassegne erano basate su opere letterarie.

Chiarito quindi che ogni luogo possiede una propria identità e corrente, possiamo dire che l’attore bravo non è quello che finge meglio, bensì colui che riesce ad immedesimarsi e rivivere al meglio il personaggio da lui interpretato, a fronte di ciò quindi c’è proprio un lavoro che viene svolto da parte dell’attore sul soggetto, di questo ce ne parla benissimo Stanislavskij, il suo metodo consiste non solo nello studiare psicologicamente il personaggio che si andrà a rappresentare ma anche trovare dei punti in comune con la nostra persona, quindi non si tratta di fingere bene, si tratta di rivivere concretamente.

Ovviamente c’è sempre da sottolineare come proprio il pensiero della comunità possa influenzare lo stile e quindi la ricerca di un qualcosa forzatamente più “finto” facendo sembrare la recitazione molto più “teatrale” ovvero meno realistica.

il secondo punto possiamo affrontarlo facendo presente come in virtù del fatto che ci debba essere un lavoro non solo mnemonico del testo, tutti potenzialmente possiamo diventare attori, ma tenendo sempre presente che come tutte le attività ci debba essere un minimo di propensione non solo all’interpretazione ma anche all’affrontare il palco.

Per concludere la nostra lista la recitazione va vista e sentita come un’arte assolutamente poiché l’attore non solo ci intrattiene ma riesce a trasmettere un valore unico allo spettatore e bisogna essere capaci di farlo.

Quindi che possa essere l’arte dell’interpretazione, l’arte della finzione, l’arte della maschera, va bene tutto, purché venga chiamata per quello che è: Arte.

Alessio Ugo Riola

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