Il Cofanetto è uno short film che, in poco più di dieci minuti, racconta una storia coinvolgente. Alcuni giovani stanno giocando in un campetto da calcio e, quando il pallone oltrepassa la rete di recinzione, Alfonso, uno dei ragazzi, viene incaricato di andarlo a recuperare. Durante la ricerca, trova una scatola, proprio sotto a una panchina, la porta con sé e mostra il suo contenuto ai compagni, subito nascono alterchi in merito. Si metteranno nei guai?
Il cortometraggio, il quale è stato prodotto dal gruppo Arkane Films & Yhohanna Multimedia Productions e ha visto alla regia Enzo Armenante, si inserisce nell’ambito del settantottesimo Festival Internazionale del Cinema di Salerno. Tale Festival affonda le sue radici nel Cine Club di Salerno, che nacque nel 1945 dall’idea di un gruppo di persone che avevano l’obiettivo di valorizzare il mondo della cultura attraverso la promozione dell’arte cinematografica. Nel corso dell’anno successivo venne creata la “Mostra nazionale del cinema a passo ridotto”, la quale si sarebbe tramutata successivamente nel Festival Internazionale del Cinema di Salerno.
L’edizione di quest’anno del Festival si tiene dal 25 novembre al 30 novembre e vede le attività svolgersi tra il Cinema Teatro Augusteo di Salerno, il Liceo Statale “Alfano I”, il Liceo Classico “Torquato Tasso” e il Convitto Nazionale “T. Tasso”. L’anteprima del Festival ha avuto luogo presso il centro sociale di Salerno il 22 novembre.
Abbiamo avuto modo di dialogare con il regista de “Il Cofanetto”, Enzo Armenante.
Come nasce l’idea del cortometraggio “Il Cofanetto”?
È una storia su cui abbiamo lavorato io e il mio collega Gerardo Caputo, nasce dall’esigenza di raccontare il male. “Il Cofanetto” è stato creato al culmine di un laboratorio di cinema che abbiamo tenuto a Cava de’ Tirreni, abbiamo lavorato a questa storia.
Qual è il messaggio del cortometraggio?
Il cofanetto non è altro che una metafora del male, in cui rischiano di invischiarsi molti giovani d’oggi: il cofanetto potrebbe essere la via facile al successo, potrebbe essere la droga, potrebbero essere affari illeciti. Ma, soprattutto, il messaggio che voglio far passare è quello del successo facile, con tutti i rischi che esso potrebbe comportare. Attualmente vediamo anche delle storie in televisione che ci raccontano che, per “cercare di essere grandi”, si rischia di trovarsi in situazioni pericolose. Nel cortometraggio non si vede mai cosa c’è dentro al cofanetto, è un po’ come un vaso di Pandora.
…e poi ovviamente lascia anche spazio all’interpretazione di chi lo guarda, è un po’ una storia aperta, ognuno può fornire un senso alla metafora.
Certo, sì.
Invece, per quanto riguarda le scelte tecniche, quando è stato creato il corto, avete assunto delle decisioni narrative per mandare il messaggio che volevate fosse colto dal pubblico?
Sì, la scelta stilistica è proprio quella del racconto molto semplice, molto diretto e con poche metafore ma essenziali.
…racconta anche la vita quotidiana, attraverso scenari reali.
Certo, i tempi di narrazione vedono molta azione, senza tempi morti.
È possibile vedere il cortometraggio al seguente link: https://show.festivaldelcinema.it/cortometraggi/the-box-set/.
Intervista a cura di Giorgia Bozzetto