«Gli economisti hanno costruito un modello di sviluppo sulla falsariga della meccanica di Newton»: questo uno dei lievmotiv della battaglia contro un sistema ancora fortemente incentrato sullo sfruttamento delle risorse fossili. Un mondo in cui nulla si crea e nulla si distrugge ma in cui ci s’imbatte nel paradosso della pretesa di una crescita infinita su un pianeta con tutti i limiti del “finito”. Per cui, ferma restando l’esistenza del suddetto principio di conservazione, è anche vero che la seconda legge della termodinamica ci dice che un’energia, una volta consumata, non si può trasformarla nella sua forma originaria. Il che, empiricamente, equivale ad affermare che, quando un litro di benzina viene bruciata in un’auto, questa energia è andata via per sempre e che, per ritrovarla, bisogna consumarne dell’altra. Generando quella corsa al petrolio che si sta rivelando un tentativo piuttosto malmostoso di restare abbarbicati a schemi di sviluppo involutivi sotto ogni punto di vista.
Questo il messaggio di cui si fa foriera Legambiente Cava de’ Tirreni che da oltre un mese è attivamente impegnata, con stand e campagne di comunicazione, nel palesare alla cittadinanza le potenzialità di una politica energetica non più dipendente dal petrolio ma improntata alle risorse rinnovabili. Tutto ciò per evitare il collasso energetico quando le risorse non rinnovabili saranno ormai esaurite. Occasione per ribadire al Governo italiano l’esigenza di un modello di sviluppo più pulito, rinnovabile, finalmente legato alla vocazione territoriale che fanno del patrimonio artistico e paesaggistico, del turismo, della pesca, dell’agricoltura, della produzione alimentare di qualità, dell’innovazione industriale e delle energie innovative, il nostro vero oro nero sarà il referendum del 17 aprile. In questo giorno, infatti, gli Italiani saranno chiamati a pronunciarsi sulla loro volontà di abrogare l’art.6, comma 17, del decreto lgs n.152 del 2006, limitatamente alla possibilità di prorogare la concessione alle società petrolifere che attualmente estraggono gas e petrolio entro le 12 miglia dalle coste italiane, fino alla durata naturale del giacimento. Votare SI comporterà la cancellazione di tale norma, imponendo un limite alle politiche petrolifere del Governo e la fine delle attività a queste connesse che coinciderà con la scadenza fissata al momento del rilascio delle concessioni. «Fermare le trivellazioni in mare è di capillare importanza – dichiara Attilio Palumbo, presidente di Legambiente Cava – sia per tutelare le nostre coste, sia per mandare un messaggio al governo, sollecitandolo a puntare su energie pulite che portano maggiori posti di lavoro e non creano danni all’ambiente e alla salute umana. Attualmente il Governo non ha messo in piedi un serio programma volto ad allontanarsi dalle fonti fossili (come petrolio e gas). Questo ci penalizza perché, se da un lato trivelliamo per svincolarci, inutilmente, dalle importazioni, dall’altra parte ci troviamo ad adagiarci sul falso mito di risorse molto esigue a fronte di danni potenzialmente irreversibili. L’attività di estrazione, infatti, è estremamente dannosa per l’ecosistema marino fin dalla fase della ricerca e questo lo si fa per beneficiare di risorse assolutamente insoddisfacenti per il nostro fabbisogno e impattanti per i nostri territori. Anche quello dei presunti benefici economici dello sfruttamento dei giacimenti di gas e petrolio è solo una falsa chimera. Il petrolio, infatti, appartiene allo Stato italiano che, però, attraverso le concessioni, lo cede alle società petrolifere, in cambio di royalties irrisorie. Parliamo del 10% per il petrolio estratto su terraferma e del 7% per quello in mare. In base alle leggi italiane, inoltre, sono esenti dal pagamento di aliquote le prime 20 mila tonnellate di petrolio prodotte annualmente in terraferma, le prime 50 mila tonnellate di petrolio prodotte in mare, i primi 25 milioni di metri cubi di gas estratti in terra e i primi 80 milioni di metri cubi in mare. Addirittura gratis le produzioni in regime di permesso di ricerca. Il cavallo vincente su cui puntare è quelle del potenziamento del rinnovabile, cosa che porterebbe a solidi riscontri non solo ambientali, ma anche economici ed occupazionali. L’Italia, compiendo il 10% degli investimenti per «energia pulita» su scala globale, è balzata al secondo posto tra i produttori di energia da fonte rinnovabile: oggi abbiamo oltre 850mila impianti da fonti rinnovabili, che danno lavoro ad oltre 60mila persone, con una ricaduta economica pari a 6 miliardi di euro». La vera sfida, ora, è potenziare queste tecnologie, cosa che permetterebbe un aumento di posti di lavoro stimato a 800mila unità. E che permetterebbe alla nostra nazione di prestare fede all’impegno, sottoscritto con altri 194 paesi durante la Conferenza ONU sul Clima tenutasi a Parigi lo scorso dicembre, di contenere la febbre della Terra entro 1,5 gradi centigradi, perseguendo l’abbandono delle fonti fossili.
Since 1911, the American Bankers Association has partnered with a series of registrars, currently Accuity, to manage the ABA routing number system.[2] Accuity is the Official Routing Number Registrar and is responsible for assigning ABA RTNs and managing the ABA RTN system. Accuity publishes the American Bankers Association Key to Routing Numbers semi-annually. The “Key Book” contains the listing of all ABA RTNs that have been assigned.
There are approximately 26,895 active ABA RTNs currently in use.[3] Every financial institution in the United States has at least one. The Routing Number Policy allows for up to five ABA RTNs to be assigned to a financial institution. Many institutions have more than five ABA RTNs as a result of mergers.
ABA RTNs are only for use in payment transactions within the United States. They are used on paper check, wire transfers, and ACH transactions. On a paper check, the ABA RTN is usually the middle set of nine numbers printed at the bottom of the check. Domestic transfers that use the ABA RTN will usually be returned to the paying bank.
Incoming international wire transfers also use a BIC code, also known as a SWIFT code, as they are administered by the Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication (SWIFT) and defined by ISO 9362. In addition, many international financial institutions use an IBAN code.
The IBAN was originally developed to facilitate payments within the European Union but the format is flexible enough to be applied globally. It consists of an ISO 3166-1 alpha-2 country code, followed by two check digits that are calculated using a mod-97 technique, and Basic Bank Account Number (BBAN) with up to thirty alphanumeric characters. The BBAN includes the domestic bank account number and potentially routing information. The national banking communities decide individually on a fixed length for all BBAN in their country.
https://dev.to/routingnumber/how-to-recognize-fractional-routing-numbers–meb
NPI Lookup is a site designed for you to easily find medical practitioners’ NPI numbers. Doing so allows you to confirm the practitioner or medical entity is registered and makes it easy to fill in Medicare and Medicaid forms.
The Affordable Care Act massively increased demand for easily accessible NPI numbers for medical practitioners and medical establishments. An NPI number must be included on all Medicare and Medicaid applications, and all claims forms submitted by patients. Therefore, it’s essential to be able to find them quickly and easily to facilitate form submission.
An NPI registry is designed to make this process simple. By entering some basic information, such as name, organization, or NPI number, you’ll be able to confirm the details you need, or to ensure the details you were given are correct.
https://dev.to/npi_lookup/short-wikipedia-on-national-provider-identifier-npi-4epc