Continua il presidio con Tenda dei lavoratori, dei cassintegrati e licenziati Fiat, sostenuto anche da lavoratori precari delle aziende partecipate da mesi senza stipendio , da precari 100% nei pressi dell’ingresso principale dello stabilimento Fiat di Pomigliano.
Stasera martedì 9 alle ore 18 assemblea in Tenda
Domani ore 9.30 mobilitazione indetta dalla Fiom e dalla Confederazione Cobas con partenza nei pressi della Tenda
Partecipiamo ad entrambi gli appuntamenti.
Di seguito riflessioni dalla Tenda
E’ accaduto quanto ci aspettavamo. La tenda portata fraternamente dai compagni “cassintegrati” di Torino ; i volantini ; lo xilofono la cora lo jambé di un gruppo di due giovani musicisti africani, del Burkina Faso, e di un napoletano che [ri]suona con loro, e il contrappunto col sax di DanieleSepe ; qualche compagno e compagna venuti d Roma, Milano, Parigi o Materdei… non era l’autorappresentazione di portatori di sicumère che si impancano a “Maestri”, chiedono delega e offrono rappresentanza, si autoptopongono come “avanguardie”, dispensano punti e tranciano giudizi, con perfetto mimetismo con logiche, valori, princìpi gerarchici, voglia di comando, pretese meritocratiche, ‘latinorum’ da fiere e mercati dell’Opinione, mercato politico, luogo di concorrenze e autovalorizzazioni, ossessione di ‘concorrenza mimetica’ e di efficacia performativa, specchio del capitalismo e dello Stato nei più svariati abbigliamenti cromatici, identità e “belle bandiere”.
Siamo venuti come dei ‘passatori’, degli agitatori, ‘alla Wobbles’, vagabondi da un punto all’altro della incessante inconciliabilità e obiettiva incompatibilità, dunque inimicizia, fra le genti umane di cui la parola <proletari> approssimava al meglio la condizione, e tutti i dispositivi, i rapporti sociali, le relazioni, le istituzioni, i poteri, le classi, i ceti, e anche le persone, che ne vampirizzano, con bulimìa tossicomane, la potenza, la virtualità creatrice, la vitalità anche disperata.
Non pensavamo certo di “tenere gli operai fuori dei cancelli”, né ci veniva in mente di disprezzarne la condizione impaurita da ricattati dal dispotismo terroristico padronale (nel senso più ampio di sistema integrato, multi-comprensivo), o di accusarli di servilismo, ignavia, o quantomeno acquiescenza.
Semplicemente, volevamo mettergli una pulce all’orecchio, facendo emergere un fondo amaro, scettico che era il loro, coperto dal chiasso della chiacchiera infame, dall’illusionismo ignobile, di tutto il circo dei variamente “potenti della terra”, fino ai loro giullari, imbonitori e imbonitrici, sicofanti e prossenti, innanzitutto di se stessi.
Questa “vil razza dannata” di cortigiani si abbrutisce nello sghignazzo, nell’esorcismo, s’intruogola nelle più becere superstizioni, e le spaccia come droga avariata per rendere le genti umane decerebrate, misantrope, disincarnate e animate solo da un grumo di fiele, come sono loro.
Sono crollati imperi, regni, civiltà millenarie… l’idea dell’eternità, dell’insuperabilità di una forma sociale è una forma mentale più alienata che la più improbabile credenza in paradisi perduti o utopie, altrevite e oltremondi.
Il sistema integrato capitalistico-statale, mosso dal principio attivo degli <spiriti animali della capitalizzazione>, è arrivato a chiudere il cerchio : da un rapporto tra produzione di beni e bisogni si passa sempre più ad una spirale tossicomane in cui la regola è la dipendenza spasmodica, per definizione condannata ad una frustrazione ed un senso di assurdo.
Questa rilevazione non ha una effettualità pratica per l’oggi, ma deve tornare ad essere presente, in trasparenza come una falsariga, nelle forme di vita, di rivolta, di comunanza di rivolta.
Bisogna cominciare a sgombrare il campo da diversivi, feticci, idoli, a cominciare dall’utopia, infima e illusionistica insieme, della possibilità di uscire vincenti dal terreno della difesa o riconquista del posto di lavoro.
Più realistco appare l’organizzarsi per imporre, sul terreno delle conquiste rivendicative da strappare, un reddito che permetta l’accesso incondizionato, di ciasuno e tutti, ai mezzi necessari per costituire la base di un’esistenza che non sia un lungo incubo agonico.
Il cammino non sarà facile, né breve ; ma sarà la terribile ‘forza delle cose’ a far capire che sono i fondamenti del sisterma complessivo planetario che sono oggi in questione.
11 thoughts on “Riflessioni dalla tenda di Pomigliano”