«Monnezza blues», dossier sull’affare rifiuti a Roma

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 A pochi giorni dalle elezioni comunali, una pubblicazione inchioda la politica alle sue responsabilità nella gestione dei rifiuti.
E rilancia. Partendo dal basso.
Marica Di Pierri per A SUD
[Pubblicato su il Manifesto del 21/05/2013]
“Monnezza Blues” è un titolo decisamente agrodolce per una pubblicazione che mira a mettere a nudo l’amara storia della gestione dei rifiuti nel Lazio. “Blues” perchè quella dei rifiuti è una ballata senza fine, un reef ripetuto di rimpalli, dichiarazioni di emergenza, commissariamenti e manifestazioni, territori avvelenati e comunità violate nel loro diritto alla salute, invariabilmente inascoltate da una politica sorda e miope.
«Monnezza Blues – La gestione dei rifiuti nel Lazio, emergenzialità, conflitti sociali e nuovi modelli» è il risultato di una ricerca sul campo durata un intero anno, finanziata dal comune di Roma attraverso il Dipartimento tutela ambiente e del verde e realizzata da associazione A Sud, Centro di Documentazione sui Conflitti Ambientali e cooperativa Stand Up, a stretto contatto con i comitati territoriali sorti negli ultimi decenni sul tema dei rifiuti. Il rapporto è stato presentato ieri mattina a Roma, nella sede della Fnsi, ed è scaricabile gratuitamente dal sito dell’associazione A Sud.
Roma ospita la discarica di Malagrotta, un enorme buco nero di 240 ettari (240 campi di calcio) da 5000 tonnellate di rifiuti al giorno di proprietà di Manlio Cerroni, che fattura grazie al suo impero maleodorante circa 800 milioni di euro l’anno. Malagrotta è la discarica più grande d’Europa. Dopo 35 anni e innumerevoli proroghe si avvierebbe alla definitiva chiusura. Il condizionale è d’obbligo perché l’ultima scadenza (l’11 aprile), è stata di nuovo spostata a giugno, il tempo necessario a ultimare il sito provvisorio, Monti dell’Ortaccio che si trova a soli 700 metri di distanza ed è di proprietà dello stesso Cerroni. Nelle immediate vicinanze della discarica vivono più di 50 mila persone. Contro la discarica trentennale, il suo puzzo mortale e le malattie che provoca sugli abitanti sono attivi da oltre 20 anni i comitati cittadini.
Davvero non può esserci alternativa all’avvelenamento del territorio e di chi lo abita? Per decenni le amministrazioni che si sono succedute hanno visto il conferimento in megadiscariche e l’incenerimento come unica soluzione possibile in materia di rifiuti. Ma le alternative esistono e sono riassunte dalla cosiddetta strategia “rifiuti zero”. Associazioni e comitati di cittadini in lotta per una gestione dei rifiuti diversa si sono fatti promotori di numerose proposte finalizzate a cambiare il modello attuale e improntate su diverse priorità. Rifiuti zero vuol dire pensare ai rifiuti come a una risorsa. Vuol dire ridurli alla fonte, organizzare la raccolta differenziata porta a porta, presisporne compostaggio, riciclaggio, riuso, separazione, recupero, e progettare materiali e oggetti totalmente reciclabili.
La riflessione è in corso da anni e attraverso l’associazione Rifiuti Zero ha unito sino ad ora 117 comuni sul fronte del ridisegno delle politiche di gestione dei rifiuti. Uno dei fondatori dell’associazione, Rossano Ercolini di Capannori, è stato insignito il mese scorso del premio internazionale Goldman, corrispondente al Nobel per l’ambiente. Chiarito che l’alternativa esiste, resta il problema per cui dare incentivi come i Cip6 agli inceneritori e alle centrali a biogas per la produzione di energia vuol dire rendere conveniente bruciare carta e plastica anzichè riciclarle. Se poi a gestire la discarica è un privato, che viene pagato in base alla quantità di immondizia conferita, non c’è interesse a che i rifiuti diminuiscano. Su questo, e sulla necessità di garantire ai cittadini il diritto a un ambiente salubre, alla salute, e quindi alla vita è ora la politica che deve muoversi.
Marica Di Pierri / Associazione A Sud
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