Nel corso degli anni ’70, quelle di sinistra erano le forza più importanti nella politica palestinese, ma la loro influenza ha cominciato a stemperarsi con la caduta dell’Unione Sovietica, la quale aveva fornito loro sostegno politico, ideologico e finanziario. Nella seconda metà del secolo scorso, Fatah è riuscita ad assorbire gran parte della corrente di sinistra. Fino a questo momento la sinistra non si era dimostrata in grado di emanciparsi dalla grande area d’influenza di Fatah, la quale comprende anche l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP).
Finalmente qualcosa oggi si sta muovendo: cinque partiti, alcuni con una radice marxista come il Fronte popolare (Fplp) e il Fronte democratico (Fdlp), altri riformisti come Iniziativa Nazionale del parlamentare e attivista Mustafa Barghouti, il Partito del popolo (Ppp, ex comunisti) e Feda (socialdemocratici), hanno annunciato due giorni fa la formazione a Gaza e in Cisgiordania dell’Unione democratica (Ud), una sorta di terzo polo alternativo ai due partiti maggiori, Fatah del presidente Abu Mazen e il movimento islamico Hamas. Un passo atteso da tempo che vuole ridare un punto di riferimento concreto, e un po’ di entusiasmo, ai tanti palestinesi che non condividono le posizioni dei laici di Fatah che controllano le città autonome in Cisgiordania e quelle degli islamisti al potere nella Striscia di Gaza.
L’Unione mira ad allargare “l’offerta di partiti della sinistra – si legge in una nota – per attrarre maggiore consenso nei Territori palestinesi. La strategia si basa sul principio della liberazione nazionale e sociale per raggiungere l’autodeterminazione e l’indipendenza palestinesi e per costruire la giustizia sociale, stabilendo uno Stato palestinese indipendente con piena sovranità sui Territori palestinesi occupati da Israele”
«Fatah e Hamas non sono nostri nemici e con loro percorreremo sempre la via del dialogo, il nostro nemico è Israele che opprime il popolo palestinese e nega i suoi diritti. Allo stesso tempo Fatah e Hamas sono due organizzazioni di destra e portano avanti politiche che noi non condividiamo in gran parte dei casi» dice al manifesto Mariam Abu Daqqa, storica dirigente del Fronte popolare e una delle leader delle donne nella Striscia di Gaza. «Posizioni diverse dalle nostre e in conflitto tra di loro. – aggiunge Abu Daqqa – La voglia di potere (da parte di Hamas e Fatah) ha contribuito ad aggravare la condizione dei palestinesi e a fallire l’obiettivo principale: la liberazione dall’oppressione israeliana» aggiunge Abu Daqqa. L’Ud, prosegue la dirigente del Fplp, vuole rappresentare agli occhi della popolazione una alternativa progressista e democratica nella lotta di liberazione, così come in politica, economia e società. «E per realizzare questi obiettivi abbiamo bisogno di maggior progresso e della partecipazione delle donne», conclude Abu Daqqa.
Da alcuni giorni è al lavoro un comitato che racchiude i rappresentanti delle cinque formazioni, con l’incarico di definire le strategie per combattere quelle che l’Unione democratica ritiene le malattie che stanno uccidendo la causa palestinese. «A cominciare dagli Accordi di Oslo (con Israele 1993)» ci spiega Iyad Abu Rahme, ex portavoce del Fplp, «che si sono rivelati una trappola per il nostro popolo. La loro fine è essenziale per ridare slancio all’idea di un progetto politico di tutti i palestinesi e per mettere fine allo scontro tra Fatah e Hamas». Khaled al Khatib, del Feda, teorizza una «strategia per costruire la giustizia sociale e creare uno Stato palestinese indipendente con piena sovranità sui Territori palestinesi occupati da Israele». Strategia che, prevede al Khatib, deve realizzarsi «sotto l’egida dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp), l’unico e legittimo rappresentante di tutti i palestinesi».
Con gli Accordi di Oslo, stilati il 20 agosto 1993, si stipulava il ritiro delle forze israeliane da alcune aree della Striscia di Gaza e della Cisgiordania e affermavano il diritto all’autogoverno in tali aree, attraverso la creazione dell’Autorità Nazionale Palestinese. L’obiettivo dei negoziati israelo-palestinesi era di stabilire un’autorità palestinese di autogoverno, un consiglio eletto per il popolo palestinese della Cisgiordania e della Striscia di Gaza, per un periodo transitorio di non più di cinque anni, che portasse a un insediamento permanente basato sulle risoluzioni 242 e 338 dell’ONU, parte integrale dell’intero processo di pace. Dopo la firma degli accordi l’espansione degli insediamenti israeliani accelerò di cinque volte rispetto alla normale crescita, ingenerando frustrazione tra i palestinesi e una generale sfiducia sugli accordi e sulle intenzioni israeliane. Infatti esisteva una gran parte della popolazione israeliana che era totalmente contro gli accordi di Oslo poiché ritenevano che questi andassero contro il grande progetto di far risorgere Il Regno di Israele.
Se la fine, graduale, degli Accordi di Oslo e la rinascita dell’Olp rappresentano un principio condiviso, le cinque formazioni dell’Ud non si esprimono sul futuro dell’Autorità nazionale palestinese. Così come è ancora da decidere la posizione comune su una soluzione a Due Stati (Israele e Palestina) o a Stato unico non sionista sull’intero territorio storico della Palestina, per ebrei e palestinesi insieme. Dall’Ud giungono voci di discussioni accese tra i rappresentanti del Fplp e del Fdlp, più orientati verso lo Stato unico, o almeno binazionale, e i partiti più moderati, Ppp e Feda, favorevoli ai Due Stati.
L’assemblea ha anche evidenziato l’importanza di difendere la libertà e di contrastare fermamente tutte le violazioni e gli abusi atti a ledere i diritti della popolazione (come la Libertà di Parola e la Libertà di Stampa) e la detenzione per motivi politici.
Ha affermato l’importanza di mantenere indipendente il sistema giudiziario e riformare la Corte Costituzionale al fine di assicurare un governo giusto e democratico, e ha chiesto di assicurare i diritti delle donne palestinesi come partner eguali, specialmente dal momento che le donne in Palestina hanno guidato varie organizzazioni legali, sociali, culturali e politiche. Pertanto, secondo il contenuto della dichiarazione, la Palestina deve eleggere più legislatori che assicurino il rispetto di questi diritti, soprattutto perché è firmataria della Convenzione per l’Eliminazione di tutte le Forme di Discriminazione contro le donne (CEDAW).
Inoltre, l’assemblea ha richiesto di supportare la gioventù palestinese, che rappresenta il cuore della società e deve godere di diritti inequivocabili di accesso alle posizioni decisionali e di comando, oltre all’importante ruolo che rivestono nei settori economico, politico, sociale, culturale e sportivo di tutte le organizzazioni.
I leader delle cinque formazioni hanno concordato di lavorare insieme come un gruppo sotto l’egida dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp). “L’Unione sarà uno strumento di lotta per affrontare tutte le attuali sfide che minacciano la causa palestinese e riconquistare l’unità palestinese sotto l’Olp”.
È la prima volta che i partiti di sinistra palestinesi formano un fronte così ampio da quando l’Olp è stato fondato nel 1964. Alle elezioni del 2006, le ultime in Palestina, i cinque partiti ottennero, assieme, circa il 13%-15%, contro il 44% di Hamas e il 41% di Fatah.
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