Nella valletta della Rocca dei Corvi, a Genova-Fegino, c’è un cippo
che ricorda uno dei più efferati episodi della violenza nazifascista
perpetrati in Valpolcevera ai danni dei partigiani durante la lotta di
Liberazione. Questo posto è destinato ad ospitare il cantiere di
servizio C.S.L. 1 Fegino, funzionale ai lavori del III valico
ferroviario, linea ad alta velocità Genova-Milano. I cantieri
operativi contengono gli impianti ed i depositi di materiali necessari
per assicurare lo svolgimento delle attività di costruzione delle
opere. Tali cantieri sono ubicati a seconda dei casi in corrispondenza
dell’imbocco delle gallerie di linea o delle finestre e in vicinanza
delle opere d’arte di maggiore impegno da realizzare, questo
sostanzialmente significa che quel cippo finirà sommerso dai detriti,
oppure spostato altrove, ma mai tutto sarà più come prima.
Dopo il tentativo di cancellare la vicina scuola di Villa Sanguineti,
una scuola pubblica, per la quale genitori e insegnanti si stanno
mobilitando contro il III valico, l’alta velocità è anche questo, la
rimozione della nostra memoria collettiva, antifascista, per fare
spazio al “progresso”.
Ma ricordiamo quell’episodio, per non dimenticarlo mai, perchè quel
cippo e quella valletta siano chiamati ad una nuova R-Esistenza!
Nei giorni della Liberazione in località Barabini di Trasta, in Val
Polcevera, vennero ritrovate alcune fosse ricoperte di terra nei
pressi di una capanna, in Via Rocca dei Corvi. Da quelle fosse furono
estratti i corpi di 5 persone, torturate e uccise dai tedeschi che
nella zona avevano un comando e che soprattutto nel mese di marzo 1945
avevano intensificato le azioni di polizia volte a terrorizzare la
popolazione.
Barabini di Trasta si trova sulla sponda destra del Polcevera, in una
zona industriale e operaia, dove era attiva l’azione antifascista e
partigiana, spesso in collegamento con quella delle fabbriche.
I tedeschi vi avevano insediato un piccolo comando con alle sue
dipendenze anche alcune unità dell’Organizzazione TODT nella quale
erano stati reclutati anche abitanti della zona utilizzati per la
realizzare scavi e opere di ingegneria militare.
In uno scantinato del comando tedesco e in una capanna poco lontana,
nella valletta di Via Rocca dei Corvi, vennero condotti i partigiani
catturati durante controlli o azioni di polizia. In queste
costruzioni, protette da filo spinato e quindi inavvicinabili, i
prigionieri venivano torturati e uccisi e infine sepolti in fosse
scavate, presumibilmente, dagli stessi ignari lavoratori cooptati
dall’organizzazione TODT.
Soltanto il 28 aprile 1945 si riuscì a dare un nome ai corpi ritrovati
L’eccidio di Rocca dei Corvi, di cui sabato 24 marzo si terrà la
commemorazione, a partire dalle 10, ha inoltre una particolarità: è
l’unico eccidio avvenuto in città dove tra gli assassinati era
presente anche una donna, ma ricordiamoli questi caduti:
Daniele Cotella, 43 anni, fu catturato perché ospitò un altro
partigiano, Savoldelli, inseguito dai tedeschi. Torturato venne
ritrovato in una delle fosse a Rocca dei Corvi.
Sebastiano Macciò, 23 anni, riuscì a fuggire durante la perquisizione
della propria casa. Saputo che la madre e poi lo zio erano stati
arrestati per rappresaglia Macciò si consegnò ai tedeschi che lo
torturarono orrendamente prima di ucciderlo.
Andrea Savoldelli, 48 anni, venne fermato da una pattuglia di tedeschi
a tarda sera per un controllo. Colto dal panico tentò la fuga e si
rifugiò in casa del partigiano Cotella e lì si fece arrestare con
l’amico di fronte alla minaccia nazista di infierire sulla famiglia.
Anch’egli fu torturato, ucciso e gettato in una fossa alla Rocca dei
Corvi.
Giancarlo Valle “il genovese”, 19 anni, faceva parte di una formazione
partigiana piemontese e si trovava a casa perché malato. I tedeschi
saputo della loro presenza lo arrestarono e dopo averlo torturato lo
uccisero.
Graziella Giuffrida, catanese di 21 anni, arrestata sul tram da un
gruppo di tedeschi che, dopo averla pesantemente importunata, si
accorsero che era in possesso di una pistola. Condotta nella sede del
comando di Fegino fu sottoposta a tortura e violentata prima di essere
uccisa e gettata in una delle fosse di Via Rocca dei Corvi.
Davide Ghiglione, movimento no tav – terzo valico
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