È morto il 29 gennaio a San José, in Costa Rica, Luciano Capelli. Luciano è stato un personaggio discreto ma significativo nella cultura contemporanea, la cui eredità vive tanto in Costa Rica, il Paese senza eserciti che ha scelto come suo nella seconda parte della sua vita, quanto in Italia, dove è nato ed è cresciuto.
I giornali del Costa Rica danno rilievo alla notizia della sua scomparsa e celebrano il suo ruolo nella vita del Paese come cineasta, fotografo, produttore ed editore. In Costa Rica Luciano ha dato vita alla prima casa discografica locale che ha dato la possibilità ai musicisti del Paese di esprimere la ricchezza culturale della loro musica senza dipendere dall’establishment discografico degli Stati Uniti. Ha diretto e prodotto documentari che hanno ottenuto numerosi riconoscimenti importanti, come «Algo queda» (Qualcosa rimane) che racconta l’eredità della rivoluzione in Nicaragua, diretto con Andrea Ruggeri. Ha fondato una casa editrice e un’agenzia di comunicazione, e realizzato libri di stupende immagini delle grandi ricchezze naturali del Costa Rica, giocando un ruolo importante nel sostegno alla politica di protezione della natura per la quale il piccolo Paese centroamericano dà lezioni al mondo.
Fotografo geniale, Luciano ha battuto le zone più remote e spettacolari del paese, catturandone immagini di bellezza emozionante. L’estate scorsa mi ha portato con sé per un tratto in una spedizione nel Sud, nel parco nazionale del Corcovado, la zona più selvaggia del Paese. Armato di una macchina fotografica nascosta nella plastica, fradicio di pioggia e infangato fino ai capelli, gli occhi di Luciano, settantenne, scintillavano di passione e gioia di vivere.
In Italia la sua è stata la voce più caratteristica di Radio Alice, la voce a cui la mitica radio degli anni Settanta deve parte del suo fascino non tramontato. Era il suo timbro inconfondibile, roco, preciso e appassionato, certamente. Ma soprattutto era quel linguaggio scarno ma pieno di immagini, complessità, intelligenza e magia, che dava alla rivolta spesso goffa e istintiva della gioventù di Bologna spessore e intensità. Majakovskij, Dada, Rilke, le avanguardie storiche, il nuovo cinema, Deleuze… una ricchezza di linfa culturale che si mescolava nella parola incantata e incantatrice di Luciano, nutrendo il discorso politico e la rivolta utopica con la profondità dell’intera cultura europea.
Sto riascoltando quella voce in questi giorni, da registrazioni delle emissioni di Radio Alice durante i giorni burrascosi del 1977, quando la radio venne chiusa dalla polizia durante la rivolta dell’università di Bologna seguita all’omicidio di uno studente, Francesco Lorusso. La magistratura riconobbe poi un carabiniere, Massimo Tramontani, come responsabile dell’uccisione di Lorusso, e giudicò l’omicidio «legittimo». Oggi da noi c’è sdegno per la brutalità della polizia a Hong Kong —che non ha ucciso nessuno— e simpatia per gli studenti di Hong Kong, le cui proteste sono di gran lunga più devastanti delle vetrine rotte di Bologna…
Del linguaggio autentico, frantumato, sperimentale, sognante e multiforme di quei giorni strani, in cui molti pensavano di poter rapidamente cambiare il mondo, del breve e felice sogno iniziale di Radio Alice, resta un libretto che Luciano pubblicò allora, con Stefano Saviotti, per le edizioni Erba Voglio: «Alice e il diavolo: sulla strada di Majakovskij: testi per una pratica di comunicazione sovversiva».
Luciano non si è mai messo in avanti. La sua colta intelligenza e la sua creatività originalissima si sono espresse sempre in maniera discreta, sotterranea. Il suo fascino personale era irresistibile, ma Luciano era quello che si occupava degli altri, non di se stesso; quello che cucinava per tutti; quello che ascoltava, non quello che parlava. Mago della comunicazione, comunicava sempre con discrezione. I giornali del Costa Rica insistono sulla sua generosità, sulla dedizione ai tanti giovani che imparavano da lui.
Da ragazzo sembrava talvolta affranto dalla vita. Ha attraversato molti momenti difficili. Ha perso un grandissimo amore in un incidente. Ma mentre tante vite baldanzose si sono pian piano spente in una disillusione un po’ triste, Luciano ha continuato a scintillare, a combattere, irriducibile, e vivere bruciando. Della vita ha bevuto fino in fondo il nettare più dolce: amore, pensieri, musica, natura… tutto fino all’ultimo respiro.
Quando ha saputo di avere una malattia grave e forse pochi mesi di vita, mi ha scritto che non gli interessava mettersi nelle mani dei medici che gli dicevano che doveva provare a curarsi: voleva solo vivere a fondo anche gli ultimi giorni, come aveva sempre vissuto. È rimasto pieno di vita fino alla fine, ribelle, irriducibile, splendido. Si è indebolito rapidamente, si è spento nel sonno senza troppo soffrire.
Certo non si aspettava vita dopo la morte. Non c’è più. Eppure in questi giorni riascolto spesso la sua voce, dal CD che accompagna una riedizione di «Alice è il diavolo», e il timbro rauco e dolce di quella voce risuona dentro di me. Quando Alice, distrutta dalla polizia, riappare sulle onde di una radio amica: «la barca dell’amore si è spezzata contro lo scoglio del quotidiano — come suol dirsi, l’incidente è chiuso…».
Adesso Luciano è più presente che mai in tantissimi di noi. Nel cuore che in questi giorni batte molto forte delle sue due splendide figlie, ora una in Italia e una in Costa Rica, nelle nostre emozioni, nell’esempio e nelle immagini che ci ha lasciato. Gli devo moltissimo.
Quando vivevamo assieme a Bologna, ero affascinato dal suo modo di pensare e dalla sua intelligenza. Ho riletto da poco la sua tesi di laurea per il DAMS, sul regista tedesco Wim Wenders, e ho sorriso riconoscendovi così tante linee di influenza su di me. È stato Luciano che mi ha indicato la complessità, la profondità, l’intelligenza di ignorare le norme, e mi ha mostrato quanto le parole possono svelare e restare piene di risonanze.
Grazie, dolce caro amico, per tutto quello che mi hai insegnato, per il tuo sguardo sornione e affettuoso di allora, per il tuo amore per la vita, per la tua irriducibilità. Non ci sei più. Sei nel cuore di tutti noi.
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