Fino a pochi anni fa, il passo dinoccolato del parcheggiatore era accompagnato dall’esordio con titolo onorifico.
– “dottò, 1 euro a piacere”.
Lusingato per un titolo costato così poco, allungavi la moneta in silenzio.
Quei dottori ripetuti per un giorno intero non erano solo la ruffianeria dei maestri della strada, ma anche una forma di subalternità, persino della criminalità, alla cultura.
La TV trasmetteva “Non è mai troppo tardi. Corso di istruzione popolare per il recupero dell’adulto analfabeta”. Credo basti il titolo per tratteggiare la prospettiva.
Nei paesini la lotta di classe era contro il padrone, mai contro il sapere.
Mia nonna, che aveva già un diploma, di pomeriggio insegnava a leggere ai bambini che non andavano a scuola.
La scuola, la conoscenza, la cultura erano il grimaldello per scardinare i legacci che impedivano una piena giustizia sociale. Con l`inizio degli anni Settanta le lotte operaie rivendicano sì maggiori salari, ma anche il diritto all`istruzione.
Nel dopoguerra la condizione delle classi subalterne era quella di “vinti”. La povertà era una condanna, da cui sfuggire era impossibile e che portava ad una pacifica accettazione.
Nel 68′ the times they are a-changin’ come cantava Dylan.
Erri De Luca ricorda:”Eravamo numerosi, figli della spinta di dopoguerra a ripopolare, a sostituire i lutti con le nascite. Eravamo eccedenti anche per il servizio di leva obbligatorio che non riusciva a arruolarci tutti. Eravamo eccedenti per assenza di guerra e presenza di antibiotico. Eravamo eccessivi e la prima generazione dotata di cultura di massa. Eravamo assai e gli adulti in minoranza, genitori e pubblici poteri, si sentivano scaduti di fronte a noi, prima che sconfitti.”
Nel 1973 vi sarà la conquista delle “150 ore” nel rinnovo dei contratti di lavoro, che comprenderà anche il diritto allo studio.
Ad un certo punto però qualcosa è cambiato.
La televisione perde il portato culturale e la spoliticizzazione diviene una scelta politica.
Intanto il padrone non c’era più, diventava sempre più impersonale. Le classi erano fluide e la “lotta di classe” era diventata una buona parola per farsi prendere in giro al bar.
Mentre qualcuno indirizzava le masse verso universi paralleli, dove si potevano creare verità alternative a quella della scienza, i diplomati dei paesini che in altre epoche si sarebbero prodigati per insegnare l’alfabeto, spocchiosamente attaccavano le classi subalterne definendole “analfabeti funzionali” e fomentandosi sull’abolizione del suffragio universale.
La cultura da strumento di libertà si stava a poco a poco trasformando in strumento di oppressione.
Il non-colto zittito, andava a rifocillare le fila di forme subinternettiane di conoscenza.
La lotta di classe ritornava, questa volta nella forma di tecnocrazia vs populismo.
Da sempre la conoscenza è stata appannaggio di pochi. Le scuole filosofiche in Grecia e a Roma erano per i più ricchi. Durante la cristianità gli studi superiori erano di tipo fideistico e per i più nobili. Nemmeno illuminismo e le varie rivoluzioni pre – novecentesche ebbero mai come epicentro la cultura di massa. Solo dalla metà del 900′, almeno in Italia, il tasso di analfabetismo cominciò a calare. La scienza da elitaria divenne popolare. L’ignoranza si avviava quindi all’estinzione. Fin qui tutto bene e lineare.
Hegel nella dialettica servo – padrone spiega come il padrone che ha soggiogato il servo, diventa servo del servo perché ormai incapace di vivere senza i suoi servigi. Cadendo il padrone cade il servo, cadendo il servo cade il padrone.
Traslando il piano nella dialettica scienza – ignoranza, si può affermare che cadendo l’ignoranza cade la scienza? Non proprio, più filosoficamente l’ignoranza per sopravvivere nega se stessa (chiedete a Hegel per chiarimenti) e diviene scienza-altra ovvero pseudoscienza. Siamo arrivati nel presente.
Attenzione la pseudoscienza e le bufale non mietono vittime solo tra le fasce basse, ma anche e soprattutto tra le fasce medio – alte. Il rovesciamento è completo, la scienza è diventata popolare (come lo era l’ignoranza) e la pseudoscienza elitaria (come lo era la scienza). Quale può essere la soluzione?
Riportare la dialettica servo- padrone nel campo del singolo individuo, capire che in noi convivono sapienti e ignoranti. La grammatica ci aiuta, “essere bravi in” è complemento di limitazione, ovvero qualifica un sapiente limitatamente a quell’argomento. Ah, i post delle mammine pancine pare siano stati scritti in gran parte dal signor Distruggere, chi è adesso l’analfabeta funzionale?
Carmine Falco
14 thoughts on “Attaccare gli analfabeti è da analfabeti”